L’impatto della declinazione di genere del titolo professionale in avvocatura

Il crescente interesse per il linguaggio di genere, i suoi usi corretti e non, insieme alle sue cause e ai suoi effetti, attraversa sia il dibattito scientifico sia quello pubblico. L’obiettivo dell’inchiesta, svolta da FBK-IRVAPP insieme al Comitato Pari Opportunità dell’Ordine degli Avvocati di Rovereto, è di misurare la penalità associata all’utilizzo del titolo professionale declinato al femminile (es. avvocata invece di avvocato per le donne). Nonostante il titolo al femminile esista e sia grammaticalmente corretto, l’uso da parte delle professioniste rimane minoritario. Per esempio, un’inchiesta sempre condotta dal CPO Rovereto nel 2021 aveva mostrato che solo 15% delle avvocate utilizzano la declinazione femminile.

Il progetto

Lo studio ha coinvolto un campione di circa 230 professionisti e professioniste trentine. I rispondenti dell’inchiesta hanno analizzato una serie di scenari dove, in una situazione ipotetica di bisogno, veniva richiesto di indicare la probabilità con cui si sarebbero rivolti ad alcune figure professionali (avvocati/e, commercialisti, dottori/dottoresse), di cui erano indicati titoli professionali e una serie di caratteristiche (come genere, età, esperienza etc.). Per le avvocate donne, i titoli erano declinati al maschile (avvocato) o al femminile (avvocata). In questo modo, il team di ricerca è riuscito a rispondere a questa domanda: a parità di condizioni, quanto è probabile scegliere di rivolgersi all’ avvocata Maria Rossi invece che all’avvocato Maria Rossi?

Risultati

Quando presentati con il termine al femminile ‘avvocata’, i profili delle professioniste donne, a parità di caratteristiche (età, esperienza, studio associato, etc.), venivano valutati 0.4 punti in meno (su 10) sia da rispondenti uomini sia da rispondenti donne rispetto a quando presentati con il termine maschile ‘avvocato’. Questo effetto è particolarmente forte e negativo (-0.6) negli scenari stereotipicamente più associati alle donne (quali il diritto di famiglia) e negativo ma di minor entità (-0.2) negli scenari stereotipicamente più associati agli uomini (diritto penale e commerciale). I risultati dello studio mostrano che l’impatto della declinazione femminile è potenzialmente molto grande: presentare un profilo come avvocata pesa (in negativo) come presentarsi con 10 anni di esperienza in meno. Questo effetto è particolarmente negativo per le professioniste più giovani e le avvocate con meno esperienza, o senza segnali di “qualità” forti, come far parte di uno studio associato o aver passato l’esame di cassazionista.

In generale, i risultati mostrano che la corretta declinazione femminile, almeno nel campo dell’avvocatura e nel contesto della Provincia di Trento, comporta una penalità in termini di immagine verso potenziali colleghi/e o clienti. Questo può aiutare a comprendere perché il termine femminile sia così raramente in uso tra le professioniste e suggerisce l’opportunità di interventi aggregati e coordinati di politica pubblica, a livello di ordine professionale e/o amministrazioni pubbliche, per diffondere l’uso del termine declinato al femminile.

 

L’inchiesta è stata realizzata dall’Istituto per la Ricerca Valutativa sulle Politiche Pubbliche (IRVAPP) della Fondazione Bruno Kessler (FBK), che ha prodotto il seguente report. Quanto indicato nel report riporta i risultati dell’analisi dei dati e l’interpretazione delle ricercatrici e dei ricercatori incaricati e non necessariamente quella del committente (Comitato Pari Opportunità dell’Ordine degli Avvocati di Rovereto) o degli enti finanziatori.

Date: 2022

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